Tornano dopo 50 anni a rivedere lo stadio dove hanno conquistato due edizioni del Torneo Mondiale di calcio "Coppa Carnevale", stiamo parlando dell'imbattibile Vicenza degli anni 1954-55.
Un pulmann li ha condotti a Viareggio e loro, fra il divertito e il commosso hanno ricalcato il rettangolo verde, mancavano solamente Campana e Vicini, sì proprio il sindacalista dell'Associazione Calciatori e l'ex cittì della Nazionale, poi c'erano quasi tutti. Foto ricordo anche con l'arbitro internazionale Pierluigi Collina, che si stava allenando sulla pista d'atletica dello stadio dei Pini Torquato Bresciani.
Ma quanti ricordi di quelle partite. 13 reti in cinque edizioni del Viareggio per Renzo Cappellaro, il bomber del Vicenza. " Almeno così mi dicono- commenta il numero dei goal il cannoniere- una volta si giocava ad eleiminazione diretta e, praticamente, ho siglato una rete a partita- fra l'altro Cappellaro ha segnato il secondo goal alla Juventus nella finale del '54, terminata 2-1 il primo fu di David, così come è stato autore della doppietta dell'anno dopo con la quale il Vicenza battè la SampDoria 2-0- Comunque il nostro era un altro calcio, meno velocità, ma sicuramente più tecnica. Oggi questi ragazzi sono dei professionisti, che si allenano tutti i giorni, mentre noi ci vedevamo al campo solamente due volte alla settimana".
Ma quale era il segreto del successo di questa squadra, che conquistò due edizioni conscutive? "Semplicemente eravamo insieme da dieci anni, quando avevamo iniziato a giocare nel settore giovanile del Vicenza. Praticamente ci conoscevamo, talmente bene, da trovarci in campo ad occhi chiusi".
Una carriera altanelante fra seria A e B (Vicenza, Alessandria, Lecco, Cagliari, Genoa e Potenza) quella di Cappellaro, mentre esce dai canoni attuali il portiere di quei biancorossi, Luison. "Ma non è molto alto vero". Lo scherniscono i compagni di squadra. "Sono basso, ma le prendevo tutte - sorride soddisfatto Luison - e poi a questi lungagnoni d'oggi invidio solamente i soldi che guadagnano, il resto le mie soddisfazioni me le sono tolte, eccome in 250 partite disputate in serie A".
L'emozione si legge negli occhi degli atleti con qualche capello grigio, ma soprattutto si riapre una ferita quando andiamo a parlare con Luigi Menti, nipote di quel Romeo perito a Superga con il grande Torino. "Quando successe di Superba avevo solamente 15 anni e lo sapemmo dai radiogiornali con ritardo- il volto del centrocampista, simbolo del Vicenza fino agli anni ''70, si rabbuia solo un attimo- questo lutto, nella mia carriera, non mi ha mai pesato, come se dovessi dimostrare di essere all'altezza di mio zio". Una carriera dove ha cambiato ruoli con grande facilità. "Ma non c'erano problemi, eravamo abituati a cambiare in modo naturale. Io ho iniziato in mediana, poi quando non ce la facevo più, in età avanzata mi sono spostato all'ala, come, invece, proprio nelle giovanili spesso ho giocato anche centravanti. Ai nostri tempi meno storie e più fatti, se c'erano le capacità perché non cambiare, fra l'altro è più divertente. L'unica cosa, non mi chiedete di giocare a sinistra, quello proprio no, era l'unica condizione".
Il gruppo si sposta in pulmann, dopo un pranzo di pesce tutti a Castelfranco per vedere la vittoria degli attuali biancorossi per 1-0 con lo Slavia Praga, protagonista nella passata stagione, arrivando fino alla finalissima poi persa con la Juventus.
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