BALOTELLI-EL SHAARAWY, CHE SPOT PER VIAREGGIO!
Balotelli-El Shaarawy, non c'è davvero spot migliore per questa Viareggio Cup. Insieme in Nazionale, insieme nel Milan. E in un ideale passaggio del testimone tra il 2008 e il 2009, quando Mario vinse il torneo con l'Inter e Stephan arrivò un anno dopo riuscendo a portare il Genoa agli ottavi. Si vedeva eccome il loro talento e che si esprimesse nel palcoscenico eccellente della kermesse di Versilia non era evidentemente un caso. Da qui sono partite tante stelle, da qui abbiamo visto passare anche talenti arrivati dall'estero rispetto ai quali qualche volta i nostri club sono stati un po' miopi (vogliamo riaprire la ferita Batistuta, strapagato pochi anni dopo?).
La nuova tendenza che salutiamo con un applauso è quella di non raccontare più storie di giovani star potenziali costrette ad emigrare per trovare spazio o perse qualche anno dopo nei meandri pur nobili della serie cadetta o battaglieri della Lega Pro, perché ai club di serie A è mancato il coraggio. Partiamo da Balotelli e El Shaarawy, dalla loro favola di “nuovi italiani” che hanno conquistato l'Italia scegliendo di tornarci, nel caso di Mario. E che sono il grande futuro del loro club: come Florenzi nella Roma, Insigne nel Napoli, Pogba nella Juventus, Livaja nell'Inter (prima di andare all'Atalanta nell'affare Schelotto). E ancora De Sciglio tra i rossoneri. La crisi dei conti del calcio italiano ci ha regalato il coraggio di osare. O l'obbligo di osare. Guardiamo al risultato finale, che sono i nostri giovani lanciati in orbita e capaci di starci: con Milito, con De Rossi, con Pirlo, con Zanetti, senza sfigurare. E' giusto rimpiangere Ibra e Thiago Silva che se vanno, ma è giusto anche sorridere perché i ragazzi italiani possono scrivere il futuro del nostro calcio che un po' zoppica. La prima pagina del libro di domani, come è ormai tradizione da oltre mezzo secolo, apriamola alla Viareggio Cup. Su il sipario, dopo Mario e Stephan c'è ancora tanto da scoprire.
Fabio Massimo Splendore
Corriere dello Sport - Stadio
È solo il primo dei molti esami di maturità che un giovane calciatore si trova ad affrontare, ma il verdetto emesso dalla Viareggio Cup si rivela quasi sempre definitivo, venendo confermato da tutte le prove successive: chi emerge durante il torneo toscano, poi si conferma anche tra i professionisti. Le due settimane di sfide che per la 65ª volta si disputeranno sui campi della Versilia (e non solo) rappresenteranno anche quest’anno una ghiotta anticipazione del grande calcio del futuro: per dirigenti e tecnici che durante la rassegna mondiale di carnevale studiano i giocatori con i quali arricchire le rose delle loro squadre (e magari anche le casse delle loro società con investimenti redditizi); per i tifosi che possono godersi la soddisfazione di scoprire in anteprima i campioni che li faranno sognare nei prossimi anni. Un’anticipazione che diventa anno dopo anno sempre più importante: la crisi economica che ha spinto e continua a spingere le società italiane a modificare le loro strategie, puntando sempre di più sui settori giovanili, attira sulla Viareggio Cup un’attenzione sempre maggiore. Il torneo nato nel 1949 è un termometro, non l’unico, ma importante, dal quale capire lo stato di salute del nostro calcio. Un termometro che, come abbiamo già sottolineato, non mente o lo fa molto raramente. Lo provano i fatti: da El Shaarawy a Insigne, da Destro a Immobile e da Balotelli a Cavani,per restare agli più recenti, i protagonisti del calcio italiano hanno tutti brillato in Versilia. Una tradizione che d’altra parte si sta già rinnovando anche in questi mesi: Yussif Raman Chibsah, diciannovenne pilastro ghanese della Juventus Primavera che Marco Baroni guidò al successo l’anno scorso, quest’anno è altrettanto importante nel Sassuolo (a cui lo hanno prestato la società bianconera e il Parma, comproprietarie del cartellino) che lotta per la promozione in Serie A. E due dei gioielli della Roma sconfitta nell’ultima finale, Valerio Verre e Giammario Piscitella, in estate sono entrati in una delle operazioni più importanti dell’ultimo mercato, quella che ha portato Destro in giallorosso. Ma questi sonosolo alcuni dei molti esempi che si potrebbero fare: la necessità di trovare le energie fisiche e mentali per affrontare così tante partite (sette in due settimane per le finaliste), il trovarsi di fronte avversari di ogni parte del mondo con le loro peculiarità tecniche, tattiche e agonistiche, fanno sì che a brillare siano solo squadre con valori importanti. Proprio in quest’ottica ci auguriamo che il torneo continui a crescere e a innalzare ulteriormente il proprio valore e il livello delle società partecipanti.
Vittorio Oreggia
Direttore di Tuttosport
Sono oltre tre milioni gli telespettatori che hanno seguito le diciannove partite del torneo di Viareggio dello scorso anno trasmesse da Rai Sport, un milione in più rispetto all’anno precedente. E si è stimato che in quel periodo in Versilia siano arrivati 27 mila turisti in più, non soltanto per il Carnevale che di suo è già una bella attrazione. Questi numeri certificano il successo di una manifestazione sempre molto amata, che riesce a reggere l’impatto con la crisi economica mantenendo un livello qualitativo in linea con la tradizione. Ma, soprattutto, dimostra che il calcio giovanile piace alla gente. Basta farglielo vedere. Il fairplay economico, sempre più vincolante nelle strategie di mercato e nella gestione generale, ha costretto le società italiane a cambiare definitivamente rotta rispetto al passato, anche a costo di far arrabbiare i tifosi. La conseguenza può essere un cammino di campionato inferiore alle attese o al blasone. Ma il prezzo è giusto e va pagato ora, in tempi di crisi. Anche perché il rigore, alla fine, può rivelarsi un vero affare. Basta vedere quello che è successo al Milan, che ha dovuto rottamare Ibrahimovic ma almeno ha scoperto El Shaarawy, che al Viareggio aveva già mostrato tutte le proprie doti nel 2009, quando giocava nella Primavera del Genoa. Sì, perché i campioncini di oggi non sono spuntati dal nulla. Per esempio, il Diamanti diventato punto fermo della Nazionale di Cesare Prandelli era stato tra i giovani emergenti del Viareggio del 2003, con la Fiorentina (all’epoca chiamata Florentia Viola). Stiamo parlando di quasi dieci anni fa. Criscito e Giuseppe Rossi hanno strappato applausi nel 2004 ed ora sono apprezzati anche all’estero. Marchisio e Abate sono titolari fissi di Juventus e Milan, ma già nel 2005 si era capito di che pasta erano fatti. Nel 2006 abbiamo ammirato Bonucci, Giovinco, Ogbonna, ma anche gli stranieri Cavani e Carroll, e adesso sappiamo quanto valgono. Gli organizzatori sono costretti a fare i salti mortali per far quadrare i conti, la visibilità data dalla tv aiuta, ma da sola non basta. Ci vorrebbe un progetto a più ampio respiro, che però fatica ad arrivare. Non siamo ancora all’Anno Zero del calcio italiano, ma rischiamo di arrivarci presto. E allora, perché non cominciare a ricostruire adesso? Magari partendo dalle certezze che abbiamo. Non sono molte, ma il Viareggio è sicuramente una di queste.
Andrea Monti
Direttore de La Gazzetta dello Sport
TANTE GRANDI IN GARA PER SFATARE UN TABÙ
Juventus, campione in carica, e Inter le grandi protagoniste delle ultime edizioni. Soprattutto i bianconeri capaci di alzare al cielo per sei volte negli ultimi dieci anni il Burlamacco simbolo del Torneo. La serie si aprì nel 2003 per merito del gruppo plasmato da Giampiero Gasperini con Paro, Gastaldello, Mirante, Cassani ed Olivera che riportò nella bacheca juventina un trofeo che mancava dal 1994 quando decisivo fu Alex Del Piero. Primo atto di una tripletta che porta la firma in panchina anche di Vincenzo Chiarenza. Altre grandi invece sono in crisi di astinenza a Viareggio da tanti, troppi anni. Il Milan, ad esempio, non festeggia dal 2001 quando Mauro Tassotti in panchina conquistò il suo secondo successo personale (bissando quello del 1999) con i rossoneri che, schierando Antonini e Donadel, batterono 3-1 i brasiliani del Vitoria.
Ma anche la Fiorentina vuole sfatare un tabù. I viola non iscrivono il proprio nome sull’albo d’oro dal 1992. La squadra allora diretta da Mimmo Caso battè 3-2 in finale la Roma ancora scossa da fatti extracalcistici che caratterizzarono l’edizione della Coppa Carnevale. Una Roma che era campione in carica, ma che dal 1991 non si è più riconfermata dopo aver battuto quell’anno in finale grazie a una doppietta di Muzzi e un gol di Scarchilli il Napoli di Ferrante.
Per trovare l’unico successo dei partenopei bisogna risalire addirittura al 1975 quando gli azzurri ebbero la meglio in rimonta (2-1) di una Lazio che presentava i promettentissimi Manfredonia e Giordano. Lo stadio dei Pini è stata cornice anche dei trionfi del Torino il cui vivaio ha fatto scuola per lustri. Ma i granata nel nuovo millennio non sono ancora riusciti ad imporsi. La loro ultima affermazione è del 1998: in squadra c’erano i vari Comotto, Semioli, Alessi, Tiribocchi e Pellisier capaci di battere con un classico 2-0 i brasiliani dell’Irineu nell’edizione del cinquantenario della manifestazione. E anche gli stranieri da tempo non sono assoluti protagonisti a Viareggio. L’ultima affermazione, a sorpresa, degli uruguagi dello Juventude de Las Piedras nel 2006 al cospetto di una favoritissima Juventus di Giovinco, Marchisio e De Ceglie. Era 26 anni che una squadra estera non trionfava ai Pini.
Enrico Salvadori
Caposervizio de La Nazione - Viareggio
Non è una novità. Diciamo pure che il calcio e il vento delle novità politiche sullo scenario internazionale è stata sempre un'apprezzabile 'contono' del menu della Coppa Carnevale. Anzi in qualche occasione, il pallone salmastroso del Cgc ha anticipato il disgelo fra le grandi potenze economiche, fra i 'vecchi' blocchi anti caduta del Muro di Berlino. Il Centro Giovani è stato una sorta di... Onu del pallone favorendo aperture sportive che si sono rivelate nel tempo canali nel quale si sono poi inserite anche le diplomazioe internazionali. In questa edizione, c'è il debutto di due Paesi africani, una con la selezione giovanile nazionale e l'altra con una squadra di club, che negli ultimi anni sono stati al centro dell'attenzione internazionale per il movimento della Primavera Araba: la Libia e l'Egitto vanno così ad allungare l'elenco delle nazioni stranieri che hanno preso parte al torneo viareggino. Un elenco lunghissimo, di giustificato orgoglio per gli organizzatori, visto che alla Coppa Carnevale, mezzo mondo ha fatto la sua presenza fin dalla prima edizione nel lontano 1949.
Il Cgc Viareggio ha abbracciato formazioni dell'Est europeo, quando c'era ancora il Patto di Varsavia e la Guerra Fredda: le formazione dell'allora Cecoslovacchia, prima lo Sparta e poi il Dukla di Praga sono state protagoniste degli anni '50, calamitando l'attenzione internazionale e diventando una sorta di ambasciatrici calcistiche del pallone.... comunista: una presenza che nella città viareggina, quella vicina al mondo operaio, face nascere anche una società con il nome del Dukla. Negli anni '70, con la Cina comunista gigante sconosciuto e con poche notizie, la prima squadra calcistica a giocare all'estero fu una selezione di Pechino alla Coppa Carnevale: memorabile il debutto - circondato da un clima di grande curiosità - allo stadio dei Pini alla presenza dell'ambasciatore cinese in Italia, a fianco dell'allora presidente del Cgc Viareggio, Torquato Bresciani. Viareggio anche centro del processo di pace internazionale anche sul finire del secolo scorso, dopo la tragica mattanza fra i paesi della vecchia Jugoslavia: alla 'Coppa Carnevale' si trovarono infatti formazioni croate, bosniache e serbe. Ma il capolavoro mediatico internazionale è stato realizzato dal Cgc Viareggio nelle prime edizioni del nuovo secolo con la contemporanea presenza di una selezione palestinese e della formazione israeliana del Maccabi Haifa: un messaggio di pace e di pacifica convivenza lanciato sul palcoscenico della Coppa Carnevale che, purtroppo, non è ancora germogliato come tutte le diplomazie internazionale si erano augurate anche con altri tavoli della pace.
Giovanni Lorenzini
La Nazione - Viareggio
ARCHIVIO 64a edizione (anno 2012)
QUANDO LE NUOVE STELLE SI SCOPRIVANO A VIAREGGIO
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Maurizio Crosetti
La Repubblica
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